Siti Pro ANA e pro MIA

12 maggio 2015

Disturbi del Comportamento Alimentare su Internet. Caratteristiche, motivazioni e stato della ricerca.

Con il termine Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) si fa riferimento ad un disagio caratterizzato da un alterato rapporto con il cibo e con il proprio corpo, che si esprime attraverso una preoccupazione eccessiva rispetto al peso e alla forma corporea [DSM IV-TR].

Uno dei problemi che negli ultimi anni i Paesi Occidentiali e quelli in via di sviluppo si trovano ad affrontare è la proliferazione dei siti pro ANA o “pro-MIA”, siti web che promuovono rispettivamente l’anoressia e la bulimia.

Non ultima, la BBC si interrogava già, in un servizio del 2008, in merito agli oltre (all’epoca) 500 siti pro-ANA e pro-MIA, sottolineando quanto fosse complicato distinguere le pagine web che inneggiavano ai disturbi alimentari (fornendo consigli su come controllare la fame e il peso, ad esempio) da quelle che invece offrivano un supporto alle persone che cercavano di “uscire dal disturbo”.

Molti siti sembravano collocarsi in un’area grigia, a metà strada: professavano di voler offrire supporto a chi cercava di curare il proprio disturbo, ma in realtà in qualche modo offrivano consigli su come protrarlo.

La BBC, lanciava – appunto – un allarme nei confronti dei siti pro ANA, sostenendo che proprio il proliferare, grazie al web e ai social network, di comunità virtuali di questo tipo potesse portare ad un incremento dei disturbi alimentari. L’allarme era stato lanciato a seguito di alcuni studi che avevano dimostrato che giovani donne, dopo aver consultato alcuni siti pro ANA, avevano un abbassamento dell’autostima, percepivano se stesse con un’immagine peggiorativa ed erano più propense a confrontare la propria forma fisica con quelle delle altre donne.

All’interno, dunque, dei tanti siti pro ANA esistono sfumature e correnti di pensiero differenti, ma sembrerebbe che questi siti raccolgano soprattutto un inno al disturbo alimentare.

Alcuni promuovono addirittura la “magrezza ad ogni costo”; altri hanno lo scopo manifesto di “aiutare gli altri a raggiungere i propri obiettivi, ossia la perfezione [ossia, la magrezza, N.d.T.]”.

Laura Freberg, docente di psicologia all’UCLA, si domanda, dunque, quanto dovremmo preoccuparci dell’impatto che questi siti possono avere su persone che già hanno instaurato un disturbo alimentare e su adolescenti o giovani donne (le categorie più a rischio di svilupparne uno) sane.

La dott.ssa Freberg, per rispondere, si rifà a uno studio sugli adolescenti condotto da un gruppo di ricercatori di Standford del 2007. Tra gli adolescenti con una diagnosi di disturbo alimentare, infatti, molti risultavano  frequentatori di siti pro ANA, e ben pochi dei loro famigliari avevano idea dell’esistenza di queste pagine web.

Ad oggi, però, non vi sono ancora sufficienti dati di ricerca a lungo termine per poter effettivamente ampliare e confermare gli esiti di questo studio.

Tornando sull’esistenza (e la diffusione) dei siti pro ANA, non possiamo non pensare che siano figli, dopotutto, di Internet.

La rete consente a persone diverse di ritrovarsi e aggregarsi in base a bisogni o desideri di qualunque natura, con una semplicità e velocità mai conosciuta prima. Non è dunque così sorprendente che esistano siti o “comunità” che inneggiano a qualcosa che va oltre il senso comune e soprattutto sfida le nostre capacità di comprensione.

 Negli ultimi anni si è notato un cambiamento nelle comunità pro ANA: se prima, infatti, gli utenti, in genere “celavano” sé stessi dietro a pseudonimi o a fotografie di modelle o icone, si è assistito ad un tentativo di diffusione di questi gruppi anche attraverso i social network, in particolare (come è ormai quasi ovvio quando si parla di social network) Facebook.

Nelle pagine (alcune delle quali prontamente rimosse) gli utenti parlavano di sé stessi “mettendoci la faccia”, non più nascondendosi dietro pseudonimi.

Alcuni psicologi, come il dottor Steven Crawford, direttore associato del Center for Eating Disorders a Baltimore, ipotizzano che questo “portare alla luce” ciò che prima veniva consumato e agito nell’ombra, spesso in realtà sotto gli occhi di famigliari e amici senza che questi si accorgessero di nulla, possa avvicinarsi ad una ribellione adolescenziale.

Ma potrebbe anche significare un’apertura verso il gruppo dei pari, la ricerca di un confronto non solo per conoscere e migliorare le proprie tecniche anoressizzanti.

A questo proposito, credo sia interessante ciò che afferma Rose, 17 anni, attiva frequentatrice per due anni di un gruppo pro ANA su Facebook: “Questi siti mi hanno permesso di trovare un luogo dove poter parlare del mio disturbo senza che ci fosse qualcuno che tentasse a tutti i costi di “mettermi a posto”, o di dirmi che quello che stavo facendo era orribile e disgustoso. Per me, buona parte del problema era il cercare di ricevere attenzioni. Mi sentivo così sola e volevo solo che qualcuno mi notasse, e ho trovato quel modo: anche se da altre persone sofferenti, sono stata però presa in considerazione”.

Le parole di Rose vanno in direzione dello studio condotto dalla dott.ssa Tierney sulle comunità pro ANA. Nel suo lavoro di ricerca del 2006, “Pro-anorexia websites and their implications for users, practitioners, and researchers,” Stephanie Tierney sostiene che questa tipologia di siti ha raggiunto una certa popolarità perché favorisce un senso di comunità e appartenenza tra le persone sofferenti di anoressia.

Gli studi relativi alle comunità online pro ANA sono ancora ai loro albori, ma sono riuscite ad individuare dei tratti e dei contenuti comuni a tutti i siti: raccomandazioni e consigli sul come perdere peso, immagini o messaggi motivazionali (le così dette Thinispiration, che possono assumere la forma di fotografie di modelle o personaggi famosi particolarmente magri, o mantra, come ad esempio: “Ricordati che il magro non passa mai di moda” e così via), chat room, etc.

Molti ricercatori hanno provato a dare una risposta sulla ragione della nascita dei siti e comunità pro ANA. Secondo alcuni, i siti possono rappresentare semplicemente un hobby (Lapinski, 2006); un modo per protestare contro il materialismo della cultura moderna, e quindi questi siti nascerebbero sulla falsariga di un ascetismo restrittivo (Tierney, 2006, p.182).

Altri ricercatori sostengono che i siti funzionino come una strategia per affrontare l’impatto emotivo e le difficoltà di un disturbo simile (Mulveen & Hepworth, 2006).

Una delle ipotesi più accreditate, quella di Williams and Reid, sostiene che i siti pro ANA vadano ad intersecare il senso di controllo, onnipotenza e desiderio di ottenere risultati tipico della patologia anoressica.

Allo stato attuale di ricerca, possiamo affermare che siano tre le motivazioni per frequentare siti pro ANA:

– Le persone vi accedono per ricercare informazioni su come perdere peso o, se già hanno sviluppato un disturbo alimentare, per mantenerlo e “migliorarlo”.

– Senso di comunità che si sviluppa tra i frequentatori del sito.

  • Oltre ad offrire, infatti, uno spazio “protetto” nel quale gli utenti possono esprimere liberamente le proprie idee e discutere le proprie preoccupazioni senza timore di giudizio, promuovono un senso di amicizia in un gruppo di persone che molto probabilmente sono carenti di relazioni interpersonali nella vita quotidiana (Davis e Lipsey, 2003) e che attraversano una fase di sviluppo in cui il gruppo dei pari rappresenta un punto di riferimento fondamentale per superare i diversi compiti di sviluppo e per costruire la propria identità. Il gruppo, infatti, funziona come un luogo di apprendimento e sperimentazione, di confronto e di valutazione delle proprie capacità che andranno poi a formare l’immagine di Sé.
  • E’ plausibile pensare che le persone con un disturbo alimentare vivano con fatica e difficoltà le occasioni sociali, poiché la maggior parte di esse prevede, in effetti, il consumo di cibo o bevande.
  • L’identità si costituisce attraverso e grazie le relazioni, ecco perché i siti pro ANA possono rappresentare una minaccia nella costruzione di un’immagine di Sé “sana”, favorendo, infatti, la sovrapposizione della propria identità al disturbo alimentare.

– Consentono agli utenti di sviluppare un senso di identità.

  • E’ probabile, come abbiamo detto, che dal momento in cui i disturbi alimentari permeano le relazioni personali e il concetto di sé (entrambi elementi fondamentali nello sviluppo dell’identità) il disturbo alimentare rappresenti buona parte dell’identità di chi ne soffre.

Ulteriori studi e approfondimenti sono necessari per comprendere più a fondo un fenomeno così complesso come quello dei siti e delle comunità pro ANA.