14 novembre 2017
Dottoressa Barbara Aramini – socia A.I.D.A.
Una forma di vita, romanzo figlio della mente brillante di una famosa scrittrice contemporanea, Amélie Nothomb, prende corpo attraverso uno scambio epistolare tra la scrittrice e un soldato americano in guerra in Iraq, Melvin Mapple; Melvin le parla della sua condizione straziante di soldato che combatte gli orrori che la guerra gli mostra e gli impone, orrori che egli stesso perpetra verso l’altro nemico. Melvin combatte il reale insopportabile del conflitto armato, mangiando senza sosta e rendendo il proprio corpo una massa informe di grasso: massa giudicata e derisa.
Alla fine del romanzo, a causa di una interruzione nel flusso costante delle lettere, si svelerà che Melvin non è un soldato, ma un uomo che, tornato a vivere con i genitori dopo vari insuccessi, si isola e fa del mondo virtuale l’unico mondo che riesce ad abitare. In questa seconda parte, l’obesità è la conseguenza di un’alimentazione sregolata e occultata.
Ciò che è interessante in questo romanzo è il modo con cui la scrittrice affronta l’obesità; il rapporto dell’individuo con il cibo.
Sembra esserci una struttura binaria.
L’obesità del soldato come atto di resistenza alla guerra e l’obesità dell’uomo come schermo dai fallimenti della vita.
Per il soldato l’obesità sembra essere l’unica scelta individuale sostenibile; scelta cosciente, dinanzi alla distruzione e alla morte da infliggere al nemico da assoggettare. Il suo corpo diventa teatro ospitante, in continua ripetizione, dell’atrocità e del dolore della guerra. Il corpo obeso è il primo ad essere mandato sul campo di battaglia: bersaglio facile per l’avversario, è riparo sicuro per i compagni di bandiera che non smettono di etichettare quel corpo informe come vergogna per la nazione. L’obesità come spinta alla propria morte e quindi come reazione a quella inflitta; come contro-azione a tutto ciò che la guerra impone agli occhi che non possono smettere di vedere; come marchio dell’impossibilità di un ritorno a un passato senza macchia di sangue e dell’impossibilità di riprendere la propria vita come se non si fosse mai attraversato quell’inferno in terra.
Per il soldato l’obesità è anche l’impossibile con l’altro dell’amore: Melvin descrive il suo corpo come un corpo che ne ospita un altro: quello dell’amata e amante che lo ripara e conforta nel deserto della vita che semina morte.
Il passaggio dal soldato all’uomo obeso non comporta un cambiamento della rappresentazione dell’obesità. Amélie Nothomb rimane fedele alla sua visione: l’obesità, anche al di là della guerra, rimane segno di coraggio e ribellione. Non diventa frutto dell’inettitudine. Melvin non diventa un uomo privo di volontà e azione. Non diventa ingordo e quindi responsabile e colpevole della deformazione del suo corpo.
Sebbene si discosti dal discorso psicoanalitico, non è necessario che siano in accordo, la scrittrice è straordinaria nella descrizione dell’obesità senza cadere in una logica causale, semplicistica e riduttiva. In poche pagine mostra le pieghe dell’anima di Melvin il cui corpo diventa mezzo per includere un altro ideale, amato e amante, privo di sbavature e non deludente; è anche il mezzo per opporsi al sistema che impone la guerra e per distruggere se stesso in quanto portatore dell’orrore. La guerra come metafora di un conflitto interno, che cerca di eliminare la guerra che abita ognuno di noi, che si manifesta attraverso un corpo che si deforma.
Con poche righe viene descritto un concetto della psicoanalisi e non solo: “l’uomo ha un corpo” ( J.-A. Miller, Biologia lacaniana e eventi di corpo, La psicoanalisi, n 28). Il corpo non ci appartiene totalmente e spesso ci appare estraneo e sfuggente al nostro controllo. Nel corpo avvengono delle cose: il sintomo è un evento di corpo e l’obesità può essere uno di essi.
In Una forma di vita, Amélie Nothomb ci mostra il corpo come Altro per eccellenza. Il corpo fa legame sociale: è il legame tra la scrittrice e Melvin Mapple.
Qualcosa di simile accade nell’esperienza psicoanalitica; esperienza di parola che avviene tra due persone in presenza: analista e analista.
Amélie Nothomb, Una forma di vita, Voland, Roma, 2011